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Come Funzionano i Condizionatori Portatili Senza Tubo

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Ogni estate, quando le temperature salgono, inizia a girare la stessa domanda: esistono davvero condizionatori portatili senza tubo. La tentazione è comprensibile. Un apparecchio piccolo, facile da spostare, capace di rinfrescare senza fori nei muri né rumorosi tubi a vista, sembra la soluzione perfetta per chi vive in affitto o non può installare uno split. Ma per capire che cosa fanno davvero questi dispositivi occorre distinguere tra “condizionamento” e “raffrescamento” e fare un passo dentro la fisica del calore. Solo così si chiarisce come funzionano i cosiddetti condizionatori senza tubo, quali tecnologie utilizzano, in quali condizioni aiutano il comfort e quali limiti strutturali non potranno mai superare.

Indice

  • 1 Condizionare non è raffrescare: la differenza che conta
  • 2 Il principio dell’evaporazione: perché l’acqua “ruba” calore
  • 3 Sensazione di fresco e comfort: il ruolo dell’umidità
  • 4 Il trucco del ghiaccio: cosa fa e cosa non fa
  • 5 I raffreddatori a Peltier: quando la fisica è contro
  • 6 Dove funzionano e dove deludono: il fattore clima e ventilazione
  • 7 Consumi, rumore e aspettative realistiche
  • 8 Posizionamento e uso corretto in casa
  • 9 Manutenzione e igiene: perché conta più che su un condizionatore
  • 10 Sicurezza elettrica e attenzione alla condensa
  • 11 Perché non esiste il condizionatore “senza tubo” che raffredda una stanza
  • 12 Alternative e integrazioni per il caldo in casa
  • 13 Criteri di scelta: quando ha senso comprarne uno
  • 14 Conclusioni

Condizionare non è raffrescare: la differenza che conta

Un condizionatore, in senso tecnico, è una macchina frigorifera che sposta calore da un ambiente a un altro. Lo fa tramite un circuito chiuso di refrigerante che evapora e condensa, trascinato da un compressore. L’unità interna assorbe calore dall’aria della stanza e lo trasferisce al refrigerante; l’unità esterna cede quel calore all’aria esterna. Se manca il collegamento con l’esterno – cioè il tubo o l’unità esterna – l’energia termica non può sparire. Il primo principio della termodinamica non fa sconti: il calore tolto da una parte deve finire da un’altra.

I dispositivi venduti come “senza tubo” non sono quindi condizionatori nel senso tradizionale. Nella quasi totalità dei casi sono raffrescatori evaporativi, talvolta chiamati air cooler, che sfruttano l’evaporazione dell’acqua per produrre una sensazione di frescura. In alcune versioni molto compatte, soprattutto da scrivania, si incontrano raffreddatori a effetto Peltier, basati su moduli termoelettrici che pompano un piccolo flusso di calore grazie all’elettricità. Entrambe le famiglie non spostano calore all’esterno: agiscono sull’aria presente in ambiente alterandone temperatura, umidità e percezione di comfort, ma con logiche e risultati diversi dal condizionamento.

Il principio dell’evaporazione: perché l’acqua “ruba” calore

Il raffrescatore evaporativo funziona con un’idea antica quanto il vento nel deserto: quando l’acqua evapora, assorbe energia dall’ambiente per passare da liquido a vapore. È il calore latente di evaporazione. Se si costringe aria calda e secca a passare attraverso un pannello impregnato d’acqua, una parte di quel calore serve per far evaporare l’acqua e l’aria in uscita risulta più fresca e più umida. Il dispositivo contiene una ventola, uno o più pannelli evaporativi (spesso in cellulosa a nido d’ape), una vaschetta e una piccola pompa che mantiene i pannelli bagnati. La ventola aspira aria dalla stanza, la spinge attraverso il pannello umido, l’aria cede energia per l’evaporazione e, caricandosi di vapore, esce con temperatura più bassa.

La quantità di raffrescamento ottenibile dipende dall’umidità relativa di partenza. Questo è il punto cruciale. Più l’aria è secca, maggiore è la sua “sete” di vapore e più può evaporare acqua, assorbendo calore. Se invece l’aria è già umida, la capacità di evaporare cala e l’effetto si riduce. È lo stesso motivo per cui, a parità di temperatura, una sera asciutta in alta quota sembra sopportabile mentre un pomeriggio afoso in pianura è opprimente. Un raffrescatore lavora con l’umidità: è alleato nei climi secchi, diventa molto meno efficace nei climi umidi o in stanze poco ventilate dove l’umidità sale rapidamente.

Sensazione di fresco e comfort: il ruolo dell’umidità

La percezione di benessere termico non dipende solo dalla temperatura dell’aria, ma anche dall’umidità, dalla velocità dell’aria e dalle superfici circostanti. Un raffrescatore evaporativo abbassa qualche grado la temperatura dell’aria che esce dalla macchina e aumenta la velocità del flusso, contribuendo alla sensazione di fresco sulla pelle. Al tempo stesso, però, innalza l’umidità della stanza. Se l’umidità complessiva supera certe soglie, i meccanismi naturali di termoregolazione del corpo – in primis l’evaporazione del sudore – diventano meno efficaci, e si può percepire caldissimo anche a temperature moderate. Ecco perché l’uso corretto di un “senza tubo” richiede sempre un ragionamento sul ricambio d’aria: bisogna evitare di trasformare la stanza in una serra.

Il trucco del ghiaccio: cosa fa e cosa non fa

Molti modelli prevedono un alloggiamento per mattonelle di ghiaccio o per vaschette d’acqua fredda. L’idea è semplice: se l’acqua che bagna il pannello è più fredda, l’aria in uscita sarà più fresca. Funziona, ma ha un effetto limitato nel tempo e non cambia la natura del processo. Le mattonelle cedono calore finché si scaldano, poi si comportano come un serbatoio d’acqua alla temperatura ambiente. Il raffrescamento extra è quindi un “boost” temporaneo, utile per dare sollievo immediato all’avvio, non una magia che trasformi l’apparecchio in un condizionatore. Rimane valido il vincolo dell’umidità: anche con acqua fredda, in un ambiente saturo di vapore l’evaporazione rallenta e l’efficacia si abbassa.

I raffreddatori a Peltier: quando la fisica è contro

I dispositivi basati su celle di Peltier sono un’altra categoria di “senza tubo”. Una piastrina termoelettrica, alimentata in corrente continua, crea una differenza di temperatura tra due facce: una si raffredda, l’altra si scalda. L’aria viene fatta passare sulla faccia fredda, scambia calore e viene reimmessa in ambiente più fresca; il calore estratto finisce sulla faccia calda, che va dissipata a sua volta con una ventolina. Questi sistemi hanno il pregio della compattezza e dell’assenza di parti in movimento rilevanti oltre alle ventole, ma il rendimento è molto basso. L’energia elettrica consumata si somma al calore “pompato” e, se non c’è modo di espellere quel calore al di fuori della stanza, l’ambiente nel complesso non si raffredda: si sposta calore di pochi watt vicino all’uscita, creando un piccolo “microclima” davanti alla griglia, mentre altrove si accumula l’energia dissipata. Sono utili per applicazioni localissime, come raffreddare una piccola bevanda o una micro postazione, ma non possono incidere sulla temperatura di una stanza come un climatizzatore.

Dove funzionano e dove deludono: il fattore clima e ventilazione

I raffrescatori evaporativi danno il meglio in zone calde e secche, tipicamente interne o in altopiano, in locali ben ventilati o addirittura all’aperto, sotto portici e terrazze, dove l’aria si rinnova continuamente. In queste condizioni possono abbassare la temperatura percepita di vari gradi e rendere piacevole una serata che altrimenti sarebbe rovente. In città costiere o in pianure afose, in appartamenti con ricambio d’aria minimo, il loro effetto si esaurisce presto: il primo quarto d’ora è gradevole, poi l’umidità sale, le superfici trasudano, gli asciugamani non asciugano e il comfort cala. In quelle condizioni, far entrare ricambi d’aria – finestre socchiuse su lati opposti, pale a bassa velocità per spingere fuori l’aria umida – è l’unica strategia per mantenere un equilibrio. Non ci si può aspettare, però, lo stesso feeling “frizzante” di una stanza condizionata: si lavora di compromessi.

Consumi, rumore e aspettative realistiche

Sul fronte energetico, i “senza tubo” giocano con grandi numeri a loro favore. Un raffrescatore evaporativo domestico consuma in genere tra 50 e 100 watt, perché aziona una ventola e una piccola pompa; anche sommando qualche accessorio, l’ordine di grandezza resta basso. I condizionatori portatili con tubo, per produrre alcuni chilowatt di freddo, assorbono centinaia di watt o oltre un kilowatt. È però un confronto tra funzioni diverse: basso consumo non significa stessa efficacia. Il rumore è simile a quello di una grossa ventola di ventilatore, con un getto d’aria più concentrato; non c’è compressore, quindi niente vibrazioni marcate. L’aspettativa realistica è quella di un ventilatore “potenziato” dal principio evaporativo, non di un climatizzatore in miniatura.

Posizionamento e uso corretto in casa

Per ottenere il massimo da un raffrescatore vale qualche accortezza. Collocarlo vicino a una fonte d’aria entrante – una finestra socchiusa all’ombra – aiuta a pescare aria più secca; puntarlo verso la zona in cui stai, ma senza soffiare direttamente addosso per ore, evita fastidi al collo. Tenere pulito il pannello evaporativo, lavare periodicamente la vaschetta e cambiare l’acqua impedisce la formazione di odori sgradevoli e di biofilm. Se la macchina prevede filtri antipolvere, una spolverata settimanale mantiene efficiente il flusso d’aria. L’uso più sano alterna periodi di funzionamento a finestre aperte o con un po’ di ricambio; nelle ore più umide della notte si può spegnere e contare su un semplice ventilatore. In spazi molto piccoli è meglio non esagerare con la durata: l’umidità accumulata durante la sera va smaltita al mattino con un’areazione decisa.

Manutenzione e igiene: perché conta più che su un condizionatore

L’acqua stagnante è un terreno favorevole per microrganismi. A differenza di un condizionatore tradizionale, dove il circuito refrigerante è sigillato e lo scarico condensa porta via l’acqua, in un raffrescatore l’acqua è parte attiva del processo e rimane nella vaschetta. Svuotarla quando non si usa per giorni, risciacquare e, a fine stagione, fare un lavaggio con soluzione delicata (es. acqua e un po’ di aceto o un igienizzante specifico del costruttore) previene odori e colonie batteriche. I pannelli in cellulosa si usurano nel tempo e vanno sostituiti secondo le indicazioni del produttore, pena perdita di efficienza. Anche i moduli Peltier e i mini venti-coler richiedono pulizia delle griglie e dei dissipatori, perché la polvere riduce lo scambio e aumenta rumorosità e consumo.

Sicurezza elettrica e attenzione alla condensa

L’acqua e la corrente non sono amici. Questi apparecchi sono progettati per funzionare con acqua, ma è bene rispettare la distanza da prese non protette, evitare traboccamenti e non riempire oltre il livello indicato. In ambienti molto umidi, l’acqua può condensare su superfici fredde; accorgersene e asciugare eventuali gocciolamenti impedisce danni a parquet, mobili e tappeti. Le versioni con ghiaccio fanno scendere temporaneamente la temperatura delle superfici: attenzione a non lasciare l’uscita d’aria puntata a lungo contro apparecchiature elettroniche sensibili alla condensa.

Perché non esiste il condizionatore “senza tubo” che raffredda una stanza

Il messaggio pubblicitario a volte è ambiguo. Esistono condizionatori portatili monoblocco “con tubo” che buttano calore fuori da una finestra o da una bocchetta; esistono split portatili che richiedono comunque un collegamento con l’esterno. Un condizionatore “senza tubo”, inteso come macchina frigorifera in grado di abbassare la temperatura di una stanza senza espellere all’esterno il calore sottratto, violerebbe le leggi della fisica. Se un apparecchio usa un compressore e produce freddo all’interno, deve necessariamente espellere più calore all’esterno (il calore rimosso più l’energia elettrica consumata). Senza uno scambio con l’esterno, anche ammesso che una parte dell’aria esca per fessure, il bilancio energetico della stanza non può migliorare. Per questo i dispositivi “senza tubo” che si presentano come condizionatori sono, nella pratica, raffrescatori o al massimo piccole unità Peltier di comfort localizzato.

Alternative e integrazioni per il caldo in casa

Se il problema è l’afa notturna in città umida, un raffrescatore può non bastare. In quegli scenari, un deumidificatore elimina vapore dall’aria e abbassa l’umidità relativa, migliorando la sensazione di fresco senza cambiare molto la temperatura. Un ventilatore da soffitto muove l’aria a bassa velocità con grande efficienza e, in combinazione con un deumidificatore, crea un comfort accettabile con consumi ridotti. Se si può installare un condizionatore portatile con tubo breve e ben sigillato a una finestra, il salto di qualità è evidente: si ottiene vero condizionamento con la possibilità di impostare una temperatura. La soluzione più efficace, dove possibile, resta lo split fisso, che sposta il calore all’esterno con un’unità dedicata e lavora con efficienze elevate. In molti casi la risposta migliore è ibrida: raffrescatore nelle ore asciutte, ventilazione incrociata la sera, deumidificazione nelle notti afose, condizionamento mirato in camera da letto.

Criteri di scelta: quando ha senso comprarne uno

Ha senso orientarsi su un “senza tubo” se vivi in una zona dove le massime sono alte ma l’umidità media è bassa, se hai terrazzi o portici dove l’aria circola, se cerchi un sollievo veloce e locale con consumi elettrici minimi e se puoi garantire un minimo di ricambio d’aria. È un alleato per pranzi in veranda, per laboratori e garage con portoni aperti, per chi desidera attenuare il caldo in una stanza esposta al sole durante le ore centrali senza tenere chiuso tutto. Non è la soluzione unica per un appartamento in città afosa con serramenti sempre chiusi. Valuta sempre la capienza del serbatoio, la portata della ventola, la presenza di pannelli di qualità e di funzioni utili come il timer e le finestrelle di aerazione. Considera i costi di ricambio dei filtri, la facilità di pulizia e la rumorosità dichiarata.

Conclusioni

I condizionatori portatili senza tubo, nella pratica, non sono condizionatori ma raffrescatori evaporativi – con la parentesi dei piccoli sistemi Peltier – e funzionano sfruttando l’evaporazione dell’acqua per sottrarre calore all’aria che li attraversa. Non possono sostituire un climatizzatore quando si chiede un abbattimento controllato della temperatura di tutta la stanza, ma sono strumenti utili per aumentare il comfort locale in condizioni favorevoli: aria secca, ricambio costante, uso ragionato. Il loro successo passa per aspettative corrette, buona ventilazione, manutenzione attenta e posizionamento intelligente. Capire la fisica che c’è dietro aiuta a scegliere senza illusioni e a integrare questi apparecchi in una strategia più ampia contro il caldo, fatta di ombreggiamento, ventilazione, deumidificazione e – quando serve davvero – condizionamento vero e proprio. Con questo approccio, anche un “senza tubo” trova il suo posto, regalando frescura dove serve, quando serve, senza sprechi e senza promesse impossibili.

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